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Paolo Cannavaro: “Io e Fabio cresciuti a pane e curva. Benitez? Ognuno fa le sue scelte…”

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Paolo Cannavaro, ex capitano del Napoli, ha rilasciato una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport:

Come è stato crescere all’ombra di un fratello come Fabio?“È stato un macigno. Poi sa, stesso ruolo, tanti confronti. Per molti ero ‘l’altro Cannavaro’. Ma me ne sono sempre fregato e ho imparato a conviverci”.

Nel 1999 il Napoli cede il suo cartellino al Parma. Ritrova Fabio. “Per 5 partite abbiamo pure giocato insieme, un’emozione. Vivevo a casa sua. In quell’anno e mezzo ho imparato tanto, rubando da tutti con gli occhi. Mi stupiva Lilian Thuram, campione del mondo in carica, che dopo l’allenamento si fermava da solo a fare tecnica individuale per migliorare. Sono piccole cose che ti fanno capire la differenza tra un campione e un giocatore normale”.

Dieci anni dopo c’è stata la possibilità di ritrovarti in squadra con Fabio, stavolta nella vostra città. “Posso dire che ci hanno tolto un sogno. Noi siamo nati vicino allo stadio, cresciuti a pane e curva. Da napoletani sarebbe stato stupendo vestire la stessa maglia nella città che amiamo. Fabio sarebbe venuto anche gratis, peccato”.

Nel 2006, dopo quattro anni a Parma, scelse di tornare a casa. Ricorda la chiamata?  “Dissi al mio procuratore di non prendere in considerazione altre offerte. Volevo solo il Napoli, non mi importava della categoria. Eravamo in B e salimmo subito. Il giorno della promozione, dopo il pareggio con il Genoa, scoppiai a piangere. Avevamo fatto un piccolo passo per far tornare la nostra squadra dove merita di stare”.

Gli anni con Mazzarri sono stati i migliori della sua carriera? “Sì, mi sono trovato benissimo. Mazzarri è una persona vera e diretta. Era un martello. Bastava una partita negativa e ti convocava nel suo ufficio…”.

La sostenne anche dopo l’accusa di omessa denuncia nell’ambito del processo sul calcio scommesse. “Una storiaccia, io non ho fatto nulla. Sono stato messo in mezzo senza motivo. Mi diedero nove mesi e mi dissero: ‘Se patteggi diventano tre’. Rifiutai, anche a costo di stare fermo. Invece dopo un mese sono stato assolto e sono tornato in campo. Prima partita, gol. Ricordo ancora lo striscione per me e Grava, anche lui ingiustamente invischiato. Fu una bella emozione dopo un periodo buio e una grande ingiustizia”.

In 8 anni ne ha passate tante. Per esempio quel Napoli-Torino nel 2009. “Fu momento brutto, una ferita che resta. Ero un bersaglio, proprio perché napoletano. Mi fischiarono tutto il tempo. E a fine partita esplosi: buttai una rimessa laterale nei distinti, scagliando la palla contro i tifosi. Ma non mi pento di niente, stavano attaccando un figlio della loro stessa città e non lo trovavo giusto”.

Nel 2014 il nuovo addio. Colpa di Benitez? “Ognuno fa le sue scelte. Lui scelse di smantellare la squadra precedente e rinnovare. Mi dispiace solo non aver avuto una chance per fargli cambiare idea, ma lui sa come la penso. Glielo dissi anche in faccia”. 

Sul Sassuolo: “Un posto magico, siamo partiti che eravamo ultimi e siamo arrivati in Europa League. Il mio sogno era chiudere a Napoli, ma sono stato felice di aver smesso in una squadra come il Sassuolo”.

È vero che poteva andare al Manchester City? “Aprii al trasferimento solo perché avevo capito che con Benitez non avrei avuto spazio. Mi sarebbe piaciuto, ma saltò perché il Napoli chiese una cifra troppo alta”.

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