Marek Hamsik ha raccontato la sua esperienza a Napoli in una lunga intervista al podcast del portale slovacco Sport24.sk. L’ex capitano azzurro ha ripercorso gli anni vissuti all’ombra del Vesuvio, tra l’affetto incontenibile dei tifosi e le difficoltà legate alla sua popolarità in città.
La passione dei napoletani per il calcio si è spesso trasformata in un’adorazione senza confini per il centrocampista slovacco, tanto da rendere complicati anche i momenti di vita quotidiana. “A Napoli era una follia andare in strada”, ha spiegato Hamsik. “Ho preferito evitare alcuni quartieri perché sarebbe finita male”. Un episodio su tutti rimase impresso nella sua memoria: “Io e mia moglie eravamo andati in un negozio di marca per bambini per comprare qualcosa per nostro figlio Christián. La voce della mia presenza si diffuse rapidamente e alla fine il negozio fu costretto a chiudere. C’erano circa duemila persone fuori e dovettero scortarci a casa con la polizia”.
Nonostante le difficoltà, Hamsik ha sempre cercato di ricambiare l’affetto dei tifosi: “Ho sempre capito la loro passione perché a Napoli si vive letteralmente per il calcio. Per questo ho cercato di accontentarli ogni volta che potevo. Certo, a volte era scomodo, ma sono felice di aver avuto il loro rispetto e il loro amore”. Anche passeggiare per la città o andare al ristorante poteva trasformarsi in una scena da film d’azione: “A volte mi travestivo con un berretto per non farmi riconoscere. Ma non ho mai avuto bisogno della sicurezza”.
Essere un’icona del Napoli, però, ha avuto anche i suoi lati oscuri. Lo slovacco ha ammesso di aver vissuto momenti di paura: “Sono stato derubato due volte, mi hanno tolto l’orologio direttamente dal polso e mi hanno anche rotto il finestrino della macchina. Ma queste cose non accadono solo a Napoli, solo che quando succedono lì si ingigantiscono”. A proposito dei furti, Hamsik ha smentito le voci secondo cui uno degli orologi gli sarebbe stato restituito: “Purtroppo non è mai accaduto. La prima cosa che ti dicono quando arrivi a Napoli è di non indossare l’orologio, ma io volevo averli con me. Sapevo che era un rischio, è stato un mio errore”.