Ancora non era venuto fuori l’ennesimo attacco razzista nei confronti dei napoletani da parte di un consigliere comunale di Udine, né tanto meno erano stati pubblicizzati gli striscioni apparsi nella curva romanista durante il derby di ieri sera ad offendere il popolo partenopeo, ma Daniele Verdu, corrispondente da Roma per “El Pais” nel suo articolo evidenziava l’odio di un’intera Nazione contro Napoli e la sua gente: “L’Italia abbaia, il Napoli se ne fa forza”. Questo il titolo dell’articolo di Verdu che nell’occhiello anticipa il contenuto dell’articolo: “La squadra napoletana subisce insulti razzisti ogni fine settimana nella maggior parte degli stadi, ma ha trasformato l’odio che riceve in un motore per risalire dal fallimento e aspirare di nuovo allo scudetto”.
Un articolo che fotografa in maniera impietosa quello che tutti sanno e che tutti cercano di nascondere, ma Daniele Verdu fa un’analisi precisa quanto cruda in un’articolo che merita di essere ripreso e letto: “In Italia c’è un club che gioca un derby quasi ogni fine settimana, una squadra che praticamente tutti odiano e con i tifosi che ogni domenica subiscono insulti razzisti di ogni tipo. L’ultimo episodio è avvenuto una settimana fa a Verona, dove i tifosi veneti hanno posizionato uno striscione con le coordinate geografiche di Napoli accanto alle bandiere russa e ucraina. Come a dire, mira bene, è lì che devi lanciare il missile. Ogni weekend i peggiori cori nei confronti dei tifosi napoletani. Il più ricorrente è quello “Vesuvio, lavali col fuoco”. È la vecchia idea razzista e nordica che i napoletani sono sporchi, che gridano, che non sanno come comportarsi. È il canto che usava anche Salvini quando il suo partito chiedeva l’indipendenza del nord Italia e non aveva bisogno dei voti del sud per alimentare le sue buffonate politiche.
Non c’è niente di simile negli altri campionati. Ed è un sentimento diffuso anche al di fuori del calcio. Da nord a sud. Perché i partenopei hanno i loro guai anche con i siciliani o con i calabresi. Ecco perché la città è un’isola favolosa e indecifrabile all’interno del paese. Ed è per questo che molti li trattano come in Spagna abbiamo maltrattato gli zingari per anni.
Come un corpo estraneo, dimenticando a volte l’enorme contributo di titani come Totò, Eduardo de Filippo, Caruso, Benedetto Croce… o Bud Spencer. Ecco perché Maradona si è innamorato di una squadra e di una città che rappresentava i discriminati e la risalita controcorrente come nessun altro. Ed è per questo sentimento che la vita di Sorrentino è stata salvata da un Empoli-Napoli.
La verità è che i napoletani sono molto “vistosi” e riescono a celebrare uno scudetto più a lungo di quanto tempo è trascorso per vincerlo. Hanno imparato ad essere scanzonati e ad esorcizzare i problemi della vita con l’ironia”.