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Neres: “Esultanza? Lo chiamo il corvo nero, lo facevo da bambino in Brasile…”

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David Neres, attaccante del Napoli, ha rilasciato una lunga intervista a Il Corriere dello Sport:

Prima volta che si gioca una coppa con il Napoli: più emozionato o focalizzato? “Penso di essere un po’ emozionato e anche molto concentrato. Giocare per vincere un trofeo è bello, è molto speciale. Una finale è una partita diversa dalle altre. E conta solo vincere”.

Il Napoli, in questo momento, ha due fulmini pronti a scatenare la tempesta: Hojlund e Neres. Una coppia super. “Il concetto vincente è sempre il collettivo: quando si gioca da squadra e tutto funziona è più facile per i singoli emergere. Le vittorie sono il merito del buon lavoro del gruppo e io credo che tutto il Napoli, giocatori e allenatore, stiano lavorando bene”.

Piccolo viaggio nel tempo: 9 novembre, 43 giorni fa, Bologna-Napoli 2-0. “Quella sconfitta ci colpì duramente. Abbiamo sofferto, è stato davvero difficile digerirla. Per fortuna arrivò la sosta: in quelle due settimane abbiamo avuto tanto tempo per allenarci e per riflettere sui nostri errori e sulle cose giuste. Non abbiamo dimenticato, ma questa è una partita completamente diversa. È una finale e abbiamo un pensiero fisso: rispetto moltissimo il Bologna, ma siamo qui per vincere”.

La prima settimana senza Conte. “Sì, ma poi siamo tornati in campo con una mentalità e un modo di giocare nuovi: è andato tutto bene. Soprattutto perché poi ne abbiamo vinte cinque di fila: se non vinci, nulla cambia sul serio. E invece, quelle vittorie ci hanno restituito fiducia e ci hanno rilanciato. E ora ci godiamo la finale”.

Insisto su Conte: una volta, lei ha detto di non aver mai corso tanto in vita sua come con lui. È cambiato qualcosa? “No, no, tutto uguale. Ma ora, con due partite alla settimana, non è più possibile allenarci così tanto. Lo facciamo quando si può”.

Una delle frasi più citate alla vigilia di una finale è di Eto’o: «Non si giocano, si vincono». “Sono d’accordo al cento per cento: quando smetti, le persone ricordano soltanto i trofei della tua carriera. E quindi, il Bologna vuole vincere e noi vogliamo vincere”.

Contro il Milan è parso chiaro a tutti. A proposito: dopo i gol, lei e Hojlund avete abbracciato Lukaku in panchina. “Romelu è quello che mi ha dato più fiducia, più sicurezza da quando sono arrivato al Napoli. Parliamo tanto: ha sempre cercato di tirarmi su e mi ha sempre ricordato quanto sono forte. L’ho apprezzato molto e mi è venuto spontaneo correre da lui”.

Quanto manca Big Rom al Napoli? “Manca come gli altri giocatori incredibili che sono infortunati”.

Nel 1990, un paulista come lei fu decisivo nella prima finale di Supercoppa vinta dal Napoli con la Juve: Careca. Una leggenda. “Prima di una vecchia sfida con il Milan ho avuto la possibilità di parlare con lui e di abbracciarlo: gli ho detto quanto significasse per me e per gli altri. Ma soprattutto per me che sono di San Paolo e gioco nel Napoli. Non l’ho mai visto giocare ma ho sempre chiesto a mio padre, tifoso del San Paolo, e alle persone più grandi che conosco. Tanti amici tifano San Paolo e Careca è stato uno dei più forti della storia del club. Sapere che ha giocato con il Napoli è molto speciale”.

Il suo calcio è sempre la stessa gioia. Lei dà l’idea di divertirsi. “Cerco di farlo il più possibile. Quando non mi diverto, penso di non poter dare il meglio di me. Ovviamente bisogna concentrarsi e fare sul serio, e a volte non riesci a divertirti molto perché c’è da pensare alla tattica. Ma se non ho questa sensazione, non è la stessa cosa”.

Raramente il suo calcio non sorride. Lei fa felici i tifosi del Napoli e gli appassionati. È un idolo. “È una parola davvero grossa, ho ancora tanta strada da fare. Però avverto molto l’amore e il sostegno dei napoletani. Mi fanno felice”.

E la Supercoppa? Per chi proverete a vincerla? “Giocheremo per i tifosi che sono fantastici, per i compagni infortunati, per le nostre famiglie, per tutti. Ma soprattutto per noi stessi che siamo in campo e lavoriamo molto duramente ogni giorno. Ce lo meritiamo”.

Quanta strada negli ultimi anni: nel 2022 le bombe in Ucraina e la rinuncia allo Shakhtar, nel 2025 lo scudetto e la finale. “Le bombe le ho sentite a Donetsk: erano davvero vicine all’hotel. Però la mia storia e la mia educazione mi hanno aiutato: da piccolo mi svegliavo alle quattro e prendevo un autobus per andare ad allenarmi, ma un paio di mesi fa, parlando con mio padre, ho capito che non era niente. Niente: mi ha raccontato le sue storie, di come lavorava con i genitori nei campi a dieci, dodici anni. Questo era davvero difficile, io non ho fatto niente rispetto a quello che hanno fatto mio padre e mia madre”.

Crede ancora nella qualificazione agli ottavi di Champions? “È difficile, ma non è impossibile. Ora, però, siamo concentrati solo sul Bologna. Nella mia mente c’è solo il Bologna”.

Sacrosanto. Sarà una sfida piena di esterni. In attacco e in difesa. “Loro hanno tanti ottimi calciatori. Giocando da ala, mi scontro sempre contro i terzini e quello destro del Bologna è uno dei migliori che abbia mai sfidato. Lo dico sempre ai miei compagni. Ora mi sono spostato a destra, magari può andare meglio… Chissà”.

Senta, lei custodisce un segreto che stuzzica notevoli curiosità: vogliamo svelare il nome dell’uccello che mima quando fa gol? “Io in portoghese lo chiamo Corvo Negro. Significa il corvo nero. Da bambino, quando giocavo con i miei amici in Brasile. E dopo tutti questi anni ho deciso di rifarlo”.

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